domenica 4 agosto 2013

Divide et impera: l'università allo sfascio

Una lettera scritta ai colleghi della Macroarea (neologismo che per ora si identifica con la vecchia facoltà) .

Cari Colleghi,
non potendo essere presente al prossimo incontro di Macroarea, mi preme farvi avere il mio, molto modesto, parere a proposito dell’ottica con cui si dovrebbe affrontare il prossimo, difficile, futuro del nostro ateneo.
Mi pare di cogliere una diffusa tendenza al “separatismo” che assolutamente non condivido. I motivi che mi determinano nel ritenere negativo un atteggiamento “divisivo” (vocabolo ampiamente presente nell’attuale gergo politico) sono basati, mi pare, su ragioni puramente storiche. La mia netta sensazione è che nel recente passato tutte queste spinte verso la divisione abbiano portato a una sistematica, continua, pericolosa perdita di “potere contrattuale” dell’Università pubblica nel suo insieme.

Il primo, nella mia memoria, atto separatorio con cui già allora non ero d’accordo, è stato quello della legge sull’autonomia universitaria (168/1989). Allora molti salutarono quest’opportunità come una rivoluzione positiva che avrebbe consentito di gestire le risorse, di denaro e di persone, in modo più consapevole e competente, svincolati dal legame con la burocrazia centrale. Non c’è dubbio che questo avrebbe potuto accadere, ma io ebbi già allora il sospetto che non sarebbe accaduto: nella società i semi che si lanciano danno frutti che dipendono in modo stretto dalla qualità del terreno! (Vi consiglio di rileggere in particolare gli articoli 6 e 7 di quella legge e constatare da soli quanto poco sia rimasto del senso di quella autonomia)
Da quel momento i legislatori, quasi come fossero madri spaventate dal vedere il figlio cresciuto reclamare la propria indipendenza, hanno legiferato senza sosta sull’Università, imponendo in continuazione nuove regole e regolette che rendevano la vita infinitamente più “sotto tutela” del periodo pre-­‐autonomia.
Mi sono chiesta perché e mi sono data la seguente risposta. Nell’Università pre-­‐ autonomia veniva operata una democrazia sostanziale che era imposta dal limitato potere di fatto delle gestioni locali. Per esempio: i Rettori di tutte le università italiane dovevano trovare la capacità di accordarsi per rivolgersi al legislatore e questa necessità imponeva una costante collaborazione e un disegno più ampio. Nel momento in cui è apparsa l’autonomia ogni singolo maresciallo (=rettore) ha ritenuto di avere il diritto di parlare da solo con il generale (=legislatore) e di avere il dovere di cercare di ottenere per la propria truppa (anche a scapito degli altri marescialli e delle truppe altrui) il più possibile. Chiunque abbia mai avuto la gestione di un, anche piccolissimo, potere sa perfettamente che in questa situazione rimanere equidistanti è sostanzialmente impossibile e che il rapporto “personale” gioca un ruolo importantissimo. D’altra parte per contentare gli amici (intesi qui come coloro che sanno più apparire tali) e non scontentare troppo gli altri, la cosa più saggia è limitare tout court, non il potere dei marescialli, a cui questi tengono in sé, ma quello su cui i suddetti possono avere potere. Molto potere su nulla, insomma!! Per concludere la storia dell’autonomia, vi invito a rispondere, nel vostro intimo, alle seguenti domande: i) Da quando esiste l’autonomia universitaria, l’università, come luogo di sviluppo della ricerca e di diffusione della cultura, ha acquistato potere e prestigio? ii) Da quando esiste l’autonomia universitaria gli ostacoli burocratici al concreto svolgimento delle attività di ricerca e di didattica sono sostanzialmente diminuiti? iii) Da quando esiste l’autonomia abbiamo la
sensazione di poter decidere in modo autonomo dello sviluppo scientifico e didattico della nostra università? iv) etc. etc
Io sono sicura che quasi tutti risponderebbero con un irritato NO a tutte queste e analoghe domande.

L’Università è più debole come istituzione e, in parte (forse perché siamo in Italia, ma è qui che siamo), questo si deve all’autonomia o, per dire meglio, al processo “divisivo” che questa ha innescato.
Sono passati più di 20 anni e sulle macerie dell’autonomia, sconquassata da continui interventi legislativi, è atterrata la legge Gelmini.

La legge c’è, ma come tutte le leggi, da che mondo è mondo e in tutti i paesi del globo, è soggetta a interpretazioni. Io credo che noi si abbia il dovere (oltre che il diritto) di interpretare la legge in modo da proteggere l’università dalla sua sistematica distruzione (anche e a maggior ragione se quest’ultima è involontaria).
Tra le cose che la legge prevede c’è un ulteriore (grave, per me) atto “divisivo”: l’autonomia dei Dipartimenti. Credo che si sia capito che non sono favorevole all’autonomia che considero un moderno strumento dell’ impera dividendo. In questo caso però non c’è bisogno di aspettare 20 anni per vedere l’imbroglio. Qualcuno sa su cosa un Dipartimento può ancora esercitare il suo diritto di autonomia?
I fondi sono gestiti centralmente con una filosofia che non ha precedenti né esempi altrove nel mondo. E’ di questi giorni la pretesa di distogliere fondi assegnati con il preciso scopo (soggetto a severa rendicontazione) di svolgere una ricerca, per colmare i buchi di un bilancio su cui noi, destinatari diretti del finanziamento, non abbiamo nessun diritto di controllo. E’ di questi giorni la pretesa di regolare fino al dettaglio lo svolgimento e la programmazione dei corsi di laurea imponendo fino all’ultimo credito da assegnare ai vari settori disciplinari atterrando con incompetenza e senza rispetto su un campo che la Costituzione attribuisce ai docenti. In questo contesto è molto appetitosa l’idea di dividere per imperare (sulle briciole rimaste): più debole è l’avversario maggiori sono le chances di prevaricarlo.
E’ per tutto quanto premesso che sono assolutamente contraria a smantellare l’ultimo baluardo contro questa politica aggressiva: la macro-­‐area. Questo smantellamento, ne sono certa, non riguarderà nella sostanza (se non nella forma) la Facoltà più forti che, ben contente di vederci divisi, ci divoreranno.
Non è facile andare TOTALMENTE controcorrente, ma il mio appello è verso la ricerca di un’unità, da perseguire: per prima cosa all’interno della (ex)Facoltà di Scienze, poi con la (ex) Facoltà di Lettere (altro attore dove non sono presenti le professioni e quindi a noi più affine) e infine a quelle componenti delle (ex?) Facoltà professionali che non si riconoscono in una politica che vedesse indebolito fino all’avvilimento un’importante settore della ricerca e della cultura con cui continuano a esistere processi di travaso fruttuosi e soddisfacenti (penso a Medicina e Ingegneria).
Mi spiace della verbosità, ma credo che dalle nostre scelte di questi giorni dipenda in modo non irrilevante il futuro della nostra Università e non sento di avere il diritto di tacere.
Grazie
Silvia


ps: allego alcuni estratti dale leggi citate
Art. 6 (Autonomia delle università)
1. Le università sono dotate di personalità giuridica e, in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, hanno autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile; esse si danno ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti.
2. Nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall'articolo 33 della Costituzione e specificati dalla legge, le università sono disciplinate, oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti, esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento. E' esclusa l'applicabilità di disposizioni emanate con circolare. 3. Le università svolgono attività didattica e organizzano le relative strutture nel rispetto della libertà di insegnamento dei docenti e dei principi generali fissati nella disciplina relativa agli ordinamenti didattici universitari. Nell'osservanza di questi principi gli statuti determinano i corsi di diploma, anche effettuati presso scuole dirette a fini speciali, di laurea e di specializzazione; definiscono e disciplinano i criteri per l'attivazione dei corsi di perfezionamento, di dottorato di ricerca e dei servizi didattici integrativi.
4. Le università sono sedi primarie della ricerca scientifica e operano, per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali, nel rispetto della libertà di ricerca dei docenti e dei ricercatori nonché dell'autonomia di ricerca delle strutture scientifiche. I singoli docenti e ricercatori, secondo le norme del rispettivo stato giuridico, nonché le strutture di ricerca:
a) accedono ai fondi destinati alla ricerca universitaria, ai sensi dell'articolo 65 del decreto del presidente della repubblica 11 luglio 1980, n. 382; b) possono partecipare a programmi di ricerca promossi da amministrazioni dello Stato, da enti pubblici o privati o da istituzioni internazionali, nel rispetto delle relative normative.
5. Le università, in osservanza delle norme di cui ai commi precedenti, provvedono all'istituzione, organizzazione e funzionamento delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio, anche per quanto concerne i connessi aspetti amministrativi, finanziari e di gestione.
6. I regolamenti di ateneo e quelli interni di ciascuna struttura sono emanati con decreto del rettore nel rispetto dei principi e delle procedure stabiliti dallo statuto.
7. L'autonomia finanziaria e contabile delle università si esercita ai sensi dell'articolo 7.
8. La legge di attuazione dei principi di autonomia di cui al presente articolo stabilisce termini e limiti dell'autonomia delle università, quanto all'assunzione e alla gestione del personale non docente.
9. Gli statuti e i regolamenti di ateneo sono deliberati dagli organi competenti dell'università a maggioranza assoluta dei competenti. Essi sono trasmessi al Ministro che, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi essi sono emanati dal rettore.
10. Il Ministro può per una sola volta, con proprio decreto, rinviare gli statuti e i regolamenti all'università, indicando le norme illeggitime e quelle da riesaminare nel merito. Gli organi competenti dell'università possono non conformarsi ai rilievi di legittimità con deliberazione adottata dalla maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, ovvero ai rilievi di merito con deliberazione adottata dalla maggioranza assoluta. In tal caso il Ministro può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione
amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emante.
11. Gli statuti delle università sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, i regolamenti nel Bollettino Ufficiale del Ministero.
Art. 7
(Autonomia finanziaria e contabile delle università)

costituite
convenzioni.
2. I mezzi finanziari destinati dallo Stato alle università e alle strutture interuniversitarie di ricerca e di servizio sono iscritti in tre distinti capitoli dello stato di previsione del Ministero relativi:

a) alle spese per il personale dovute in base a disposizioni di carattere generale;
b) ai contributi per il funzionamento, ivi comprese le spese per investimento e per l'edilizia universitaria;
c) ai contributi per la ricerca scientifica universitaria.
3. Le somme non impegnate da ciascuna università nel corso dell'esercizio finanziario vanno ad incrementare le disponibilità dell'esercizio successivo, nel rispetto dei vincoli di destinazione previsti nelle lettere a), b) e c) del comma 2.
4. Gli statuti indicano le strutture didattiche, di ricerca e di servizio alle quali è attribuita autonomia finanziaria e di spesa.
5. Le università possono contrarre mutui esclusivamente per le spese di investimento. In tale caso il relativo onere complessivo di ammortamento annuo non può comunque superare il 15 per cento dei finanziamenti a ciascuna università trasferiti ai sensi della lettera b) del comma 2.
6. Per consentire l'analisi della spesa finale e il consolidamento dei conti del settore pubblico allargato il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro del tesoro, fissa i criteri per la omogenea redazione dei conti consuntivi delle università.
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le università possono adottare un regolamento di ateneo per l'amministrazione, la finanza e la contabilità, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi.
8. Il regolamento disciplina i criteri della gestione, le relative procedure amministrative e finanziarie e le connesse reponsabilità, in modo da assicurare la rapidità e l'efficienza nell'erogazione della spesa e il rispetto dell'equilibrio finanziario del bilancio, consentendo anche la tenuta di conti di sola cassa. Il regolamento disciplina altresì le procedure contrattuali, le forme di controllo interno sull'efficienza e sui risultati di gestione complessiva dell'università, nonché dei singoli centri di spesa, e l'amministrazione del patrimonio.
9. Il regolamento è emanato con decreto del rettore, previa deliberazione del consiglio di amministrazione, sentiti il senato accademico, le facoltà e i dipartimenti ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale del Ministero. Il controllo del Ministero è esercitato nelle forme di cui all'articolo 6, comma 9.
10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti esclusivamente i provvedimenti di
1. a)
b)
da: Stato; vigente; c) forme autonome di finanziamento, quali contributi volontari, proventi di attività, rendite, frutti e alienazioni del patrimonio, atti di liberalità e corrispettivi di contratti e
Le entrate delle trasferimenti
università
sono dello
contributi obbligatori
nei
limiti
della
normativa
nomina, promozione e cessazione dal servizio del personale. Tali provvedimenti sono immediatamente esecutivi, fatta salva la sopravvenuta inefficacia a seguito di ricusazione del visto da parte della Corte dei conti. Dalla stessa data la gestione finanziaria delle università è soggetta, sulla base di consuntivi annuali, al controllo successivo della Corte stessa. La Corte dei conti riferisce al Parlamento con un'unica relazione annuale.
11. Fino alla emanazione del regolamento di cui al comma 7, per ciascuna università continuano ad applicarsi le norme ed i regolamenti vigenti in materia. Per ciascuna università, con l'emanazione del regolamento di ateneo, cessano di avere efficacia le disposizioni legislative e regolamentari con lo stesso incompatibili.
Legge 30 dicembre 2010, n. 240
"Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2011 - Suppl. Ordinario n. 11
TITOLO I
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO

Art. 1.
(Principi ispiratori della riforma)
1. Le università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione nell'ambito dei rispettivi ordinamenti e sono luogo di apprendimento ed elaborazione critica delle conoscenze; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33 e al titolo V della parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di autonomia e di responsabilità. Sulla base di accordi di programma con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato «Ministero», le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonche' risultati di elevato livello nel campo della
didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell' articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per l'ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti.
3. Il Ministero, nel rispetto delle competenze delle regioni, provvede a valorizzare il merito, a rimuovere gli ostacoli all'istruzione universitaria e a garantire l'effettiva realizzazione del diritto allo studio. A tal fine, pone in essere specifici interventi per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, che intendano iscriversi al sistema universitario della Repubblica per portare a termine il loro percorso formativo.
4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell'autonomia delle università, indica obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e, tramite l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per quanto di sua competenza, ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ciascun ateneo, nel rispetto del principio della coesione nazionale, nonche' con la valutazione dei risultati conseguiti.
5. La distribuzione delle risorse pubbliche deve essere garantita in maniera coerente con gli obiettivi e gli indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti, definiti ai sensi del comma 4.
6. Sono possibili accordi di programma tra le singole università o aggregazioni delle stesse e il Ministero al fine di favorire la competitività delle università, migliorandone la qualità dei risultati, tenuto conto degli indicatori di contesto relativi alle condizioni di sviluppo regionale.
Art. 2.
(Organi e articolazione interna delle università)
a) semplificazione dell'articolazione interna, con contestuale attribuzione al
dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca
scientifica, delle attività didattiche e formative, nonche' delle attività rivolte
all'esterno ad esse correlate o accessorie;
b) riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi
afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo

determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quaranta nelle università
con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato
superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei;
c) previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti, raggruppati in
relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, comunque
denominate, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività
didattiche, compresa la proposta di attivazione o soppressione di corsi di
studio, e di gestione dei servizi comuni; previsione che, ove alle funzioni
didattiche e di ricerca si affianchino funzioni assistenziali nell'ambito delle
disposizioni statali in materia, le strutture assumano i compiti conseguenti
secondo le modalità e nei limiti concertati con la regione di ubicazione,
garantendo l'inscindibilità delle funzioni assistenziali dei docenti di materie
cliniche da quelle di insegnamento e di ricerca; 

giovedì 1 agosto 2013

Il click



L’indice sospeso per il click. Non ho potuto farlo con leggerezza. Ho colto la morbosità del gesto. Perché dovrei aver voglia di vedere le facce dei morti? Il rispetto della loro sorte vorrebbe che non lo facessi: questo è quello che sento, d’istinto, senza riflettere. Ma poi mi dico che non ha molto senso. Qualcuno, qualcuno a loro vicino, ha fornito quelle foto, ha permesso che venissero messe lì perché qualcun’altro le vedesse. Perché dovrei essere io a decider cosa è meglio? Che diritto ho io che nemmeno so chi sono? E comunque questa mi pare una buona scusa.

Credo che sia la prima volta. Io non l’avevo mai visto prima. Nei cimiteri, nei muri, nei cartelli sventolati dai parenti, sì, ma mai su uno schermo di computer. Non sono una vicina all’altra e tutte contemporaneamente visibili. No, c'è solo la prima e poi, se vuoi vedere la seconda, devi metter giù quel dito, una, due, tre, venti volte, tanti sono i visi che si è deciso di mostrare. Tanti sono i morti di cui ci viene offerta la visione.

Il click è partito. Qualcuno si prenderà la briga di contare quanti click ci sono stati? Certo! Quindi ho fatto crescere il numero di “morbosi”? Conteranno anche quanto ci metto a scorrere le foto? Devo andare lentamente, per rispetto, per dare l’impressione (a chi di grazia?!) di partecipare al dolore. Devo guardarli negli occhi?

Mi sento in colpa. Ma la mia colpa è attenuata dal fatto che la maggior parte di loro non è giovane…né (udite, udite!) bello! Sì, fanno meno pena i morti anziani, è normale, o almeno sembra normale. Ma quelli brutti, perché fanno meno pena? L’istinto, uomini, non lo sottovalutate mai. Vi accalappia, vi convince, vi raggira. L’istinto vuole che si abbia più pena dei belli!


Silvia