giovedì 21 novembre 2013

Gentile Professoressa Carrozza

Gentile Prof. Carrozza,

se le parole che i giornali riportano sono davvero quelle da lei pronunciate che, per comodità, scrivo qua sotto virgolettate, lei è stata inaccettabilmente offensiva. Ma la cosa più importante è che lei sta utilizzando una strategia politica odiosa a coloro che hanno votato il partito in cui milita. e cioè di “populisticamente” attribuire a categorie “deboli” le responsabilità di una politica scellerata nei confronti della scuola prima e dell’Università poi.

Visto che è lei a parlare (a sproposito?) di onestà, il suo modo di agire è, se non disonesto, sicuramente scorretto. Lei, che non accenna a preoccuparsi del destino dei "giovani", non trova di meglio che mettere, l'una contro l'altra due categorie "deboli". Lei spera che i giovani non si accorgano che non è dove lei indica il problema delle Università: ma io, che ho maggiore fiducia di lei nei "giovani" (attenzione, sarebbe meglio chiamarli, "precari", a volte i precari hanno più di 40 anni) sono sicura che se ne accorgeranno.

Se ci fosse anche solo l’intenzione di sfruttare la “generosità” (mi scusi, ma l’onestà cosa c’entra?) di coloro che vanno in pensione ci sono alcune semplici cose che si potrebbero fare:

1. Per ogni pensionamento DOVREBBE essere assunto un ricercatore di tipo B (la logica vorrebbe due, ma ci contenteremmo), invece lei tralascia di dire che perchè un’Università acquisti il diritto di assumere un ricercatore deve mandare in pensione da 5 a 10 ordinari;

2. Ad ogni pensionato che accetta (per generosità) di continuare a fornire le proprie competenze (lei implicitamente ammette che ci sarà bisogno di queste competenze, perché sa che sta distruggendo, come i suoi predecessori, le Università pubbliche – non telematiche- riducendo al lumicino personale e servizi) DOVREBBE essere garantito l’utilizzo di tutti i servizi del Dipartimento, esattamente come prima del pensionamento (o lei sta pensando più che alla “generosità” alla vocazione al martirio – altrui naturalmente?).

Mi scusi, ma lei come fa a sapere se chi ha oggi 70 anni ha “avuto tanto da questo mondo”, con quel ”tanto” che ha l’aria di essere un “troppo”?

Viceversa, quello che vedo io è una persona di 49 anni (per inciso, nella generazione di mia madre lei sarebbe già insopportabilmente vecchia) che ha avuto moltissimo (troppo?). Ha avuto la possibilità di fare una brillante carriera rimanendo (cosa, come lei spero sappia, molto rara, non solo per i giovani, ma anche per quelli della sua generazione) SEMPRE nella città dov’è nata. Ha fatto TUTTA la sua carriera nella stessa Università dove erano (o sono) ordinari suo padre e suo fratello. Ha superato l’ultimo gradino approfittando (non certo generosamente, se pure si vuole ammetterne l’onestà) di un concorso presso un’Università telematica dove non ha mai (ingenerosamente) lavorato.

Dato il suo curriculum, la supponenza con cui tratta persone che hanno fatto la storia della cultura italiana è una cosa, questa sì, che ci offende e di cui dobbiamo vergognarci. Lei non sa di chi sta parlando.

Cara Prof. Carrozza, se tutti i 50enni sono come lei (cosa che io auspico non sia vera) teniamoci i 70enni. E già che ci siamo, lei, nella sua infinita onesta generosità, a quali dei suoi privilegi sta rinunciando, di grazia?

Cordialmente


Carrozza: “A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione, e offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, o offrire le proprie biblioteche all’università. Chi vuole rimanere in ruolo oltre i 70 anni offende la propria università e offende i giovani. Sono sempre stata per un pensionamento rapido, magari non uguale per tutti. Ma non si può tenere il posto e pretendere di rimanere, solo perché è un diritto. Prima di tutto bisogna pensare ai propri doveri. In un momento di sacrifici per tutti, a maggior ragione li devono fare le persone che hanno 70 anni, e che hanno avuto tanto da questo mondo.”